Ma è mai possibile che si ricada –e così frequentemente!- nell’ostinarsi a credere che le creature siano la “salvezza” e che da esse viene la gioia piena? Passi per chi non crede: la idolatria è una delle peggiori sventure di chi non crede a niente e, di fatto, vive nell’ateismo pratico.
Ma il credente?
Il credente deve averlo ben scolpito nel cuore. E non solo il passo di Geremia (ecco, se per assurdo uno volesse tatuarsi qualcosa sulla pelle, credo che oltre al Crocifisso non vi sia nulla di più importante da, appunto, “scrivere sulla pelle” che questo!
Già, ricordati uomo: siamo creature e per definizione imperfette, gravide di miserie, colme di limiti, capaci di mille peccati.
E tu, o uomo, ti scervelli la notte –e pure il giorno, a volte- per una creatura? Ma tu non sai che la creatura non può appagare il tuo desiderio pieno di gioia e pace?
Rientriamo in noi stessi (non è mai troppo tardi, almeno finchè siam in vita), “convertiamoci” e ricordiamoci chi ci ha amato per primo dandoci la vita.
E stacchiamoci dalla malsana (e ridicola) idea che un uomo o –ancor peggio- una femmina possa dare la gioia vera. Per carità: è umano (tipico della creatura, appunto) cadere in questi errori. Ma questo è madornale. Ripeto: è idolatria. Significa dire a Dio Creatore: “si, tu si, certo: ma io cerco una persona in carne ed ossa”.
E bravo il cretino. Peggio per te. Finché assolutizzerai l’uomo e non penserai che ad esso (ed alla “piena felicità” che t’illudi possa darti) sarai sempre nel precario, nella paura. E’ Dio la certezza.
Nel Suo Amore , semmai, puoi pensare alle creature. E pensare persino a nobili cose quali l’amicizia, la fiducia, l’amore, persino il Matrimonio e la famiglia.
Ma tutto questo solo e soltanto dando la assoluta priorità a Dio.